Oggi è un giorno di festa, per gli italiani, di ogni parte e colore. Abbiamo nuovamente e fortunatamente al vertice del nostro complicato sistema statale il nostro amato Mattarella. Lo amiamo perché ha dimostrato con i suoi atti di prendersi cura di noi, con forza, dignità e umanità: il bene della nostra comunità, non solo nazionale, è stato sempre nel suo settenato in cima ai suoi pensieri, la bussola che lo ha guidato nelle difficili scelte del suo lavoro. E questo ci fa bene al cuore.
Possiamo allora trarre qualche spunto importante dalla vicenda della sua faticata elezione, che ci conforta e ci insegna molte cose sulla essenza della leadership (tema che mi appassiona).
Ci conforta innanzi tutto perché dimostra che la vera leadership è una pianta che può fiorire persino in un sistema frantumato, pachidermico, in preda alle convulsioni come il sistema parlamentare del nostro paese.
Ci dimostra poi, plasticamente, che un leader è una cosa ben diversa da un gerarca. Nel nostro agglomerato di partiti ne annoveriamo diversi, e in questi giorni li abbiamo visti agitarsi in preda all’irresistibile smania di occupare il palcoscenico, senza mai riuscire a farsi seguire se non dai seguaci di parte (e nemmeno da tutti) e ad assurgere alla vera scena, quella che ci vede tutti compartecipi del potere (in democrazia è il popolo che lo detiene, se ne è capace e non si fa abbagliare dai pifferai, specie inestinguibile in ogni angolo di mondo).
Probabilmente il loro orizzonte mentale, dopo anni di apprendistato nella retro-cucina del potere, fatica a uscir fuori dal campicello degli interessi di parte (“partito” e “parte” condividono l’etimo). Condannandoli così alla sconfitta, quando il gioco è diverso dalle logiche di sotto-potere.
La cosa più confortante è l’aver visto plasticamente in atto le virtù del leader, il saper tenersi alla larga dalle trappole della leadership descritte in un capitolo del mio libro Il leader imperfetto.
Per chi vuole leggerlo.
Perdonatemi se cito me stesso (non è la prima volta…), ma qui cadono a fagiolo alcune frasi in cui ne parlo:
“Non esiste “il leader” in assoluto, in ogni momento e ambiente. Ogni volta che la comunità si trova di fronte a una situazione critica occorre che si riattivi lo scambio positivo che la leadership implica…. La leadership è un fenomeno episodico, a tempo, anche se l’aver superato la prova può generare la tentazione di sentirci in possesso di una dote permanente, uno stato di “leadership naturale” invariante nel tempo”.
Il nostro Mattarella ne era talmente consapevole da aver fatto di tutto per uscire di scena, e solo di fronte all’appello conclamato dei colleghi ha accettato il loro invito a continuare a togliere le castagne dal fuoco, mestiere di cui si è dimostrato abilissimo interprete.
Ed eccovi qui snocciolate le “trappole” di cui sopra: Presunzione, Arroganza, Sordità, Miopia, Irrealismo, Collera, Sete di potere (non occorre che ve le descriva: le vediamo all’opera in tanti aspiranti leader e in diversi ex-leader ormai consunti, e a volte ne avvertiamo l’attrazione subdola dentro noi stessi, come a me è capitato).
Lasciatemi concludere con un’ultima citazione che mi offre l’occasione per dissociarmi da chi indulge in facili giudizi e reazioni di sprezzo verso chi bene o male si addossa i rischi e le fatiche di rappresentarci nella cura della cosa pubblica, in un meccanismo tritacarne: i nostri politici (so già quale può essere la risposta dei più cinici: perciò dispensatemi, grazie. Vi capisco, ma dissento).
“La leadership è un fenomeno quasi innaturale, perché implica un superamento di meccanismi istintivi sintetizzabili in un termine: l‘EGO”.
E chi ne è esente?
E allora possiamo per una volta proclamare la nostra fierezza: siamo uno dei pochissimi paesi nel mondo guidato da un leader saggio, umano, competente, rispettoso dei valori, delle regole, delle persone e dei suoi concittadini. Un fenomeno rarissimo e prezioso. Per una volta possiamo vantarci, legittimamente (senza clamori, non abbiamo vinto la coppa UEFA), e mostrare al mondo come si gioca da leader.
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