In più occasioni abbiamo identificato le sette insidie della leadership: la Presunzione, l’Arroganza, la Sordità, la Miopia, l’Irrealismo, la Collera, la Sete di potere.
Come allora liberarci da queste insidie? Occorre combatterle per annullarle?

Le insidie della leadership

La mia esperienza mi ha dimostrato che esiste un modo per contenerle: riconoscerle in noi stessi come segni della nostra umanità imperfetta.
Queste insidie, infatti, sono riconducibili ad una dimensione strutturale del nostro essere: l’amore per noi stessi. Che in sé non va demonizzato, anche se tendiamo a coglierne solo gli aspetti negativi, quali il narcisismo e l’ego ipertrofico.
Solo accettando ed accogliendo questa dimensione possiamo contenerne gli eccessi.
Infatti fino ad un certo stadio della nostra crescita il rafforzamento dell’ego è una necessità. Un ego debole ci pone alla mercé degli altri.

Il percorso di rafforzamento dell’ego

La dimostrazione è in quanto accade nel passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Gli anni dell’adolescenza sono tesi alla crescita dell’ego, allo sviluppo della capacità di “pensare con la propria testa”, alla capacità di affrontare le vicende della vita autonomamente, contrapponendosi a volte con forza alle figure parentali.
Chi non ha dovuto ribellarsi per trovare la propria strada nella vita?
Già in questo stadio è evidente, accanto al lato positivo, il lato negativo di questa spinta: la ricerca a tutti i costi di una differenziazione dal mondo originario, insieme con la sopravvalutazione della propria volontà e delle proprie risorse.
Ma sino a quando questa spinta non perviene ad un nuovo equilibrio, non è possibile bloccarla se non pagandone un costo altissimo: l’incapacità di camminare sulle proprie gambe, un esito tragico ma comune delle educazioni iper-costrittive.
Come un bambino impara a camminare barcollando e cadendo di continuo, così l’adolescente impara ad assumersi la responsabilità di sé oscillando ed estremizzando le proprie pulsioni, e quindi cadendo, fino ad apprendere l’equilibrio.
È questo il traguardo che segna il confine fra adolescenza e età adulta, ma è un confine labile. Se ci pensiamo, anche nelle fasi mature dell’esistenza possiamo scorgere il riemergere della “contro-dipendenza” caparbia e adolescenziale. Accade ad esempio nella relazione con interlocutori importanti nelle nostre vite, come il partner o il capo.

Essere leader comporta un cambiamento di prospettiva

Per gestire questa complessa realtà occorre operare un cambiamento di prospettiva. Occorre superare quell’ottica in bianco e nero alla quale siamo abituati nel valutare anche i nostri comportamenti e bisogni.
Quell’ottica che ci spinge a considerarne legittimi alcuni, da mettere in evidenza, e sopprimere o occultarne altri, ai nostri stessi occhi e verso l’esterno.
La realtà del nostro essere è molto più sfumata. Ed è evolutiva: va gestita attraverso un processo di integrazione che non ha mai una reale conclusione.
Dobbiamo sperimentare ed apprendere la difficile arte dell’equilibrio fra bisogni divergenti o addirittura incompatibili, riconoscendo a ognuno la sua ragion d’essere, per evitare che giungano a una posizione ipertrofica, col rischio di inibire oggi la messa in pratica di nuovi comportamenti adeguati alle nuove e diverse circostanze.
Vediamo un altro esempio: il bisogno di sicurezza. Può sconfinare nella dipendenza autolesionistica verso situazioni che garantiscono il soddisfacimento di necessità primarie, ma a scapito di altri bisogni, quali l’autostima, la realizzazione delle proprie potenzialità, l’amore.
Un rischio che incombe per tutti i nostri bisogni. Siamo messi continuamente di fronte alla sfida del bilanciamento fra forze interiori in perenne disequilibrio.

Il dialogo tra le forze interne

Il punto di incontro fra di loro passa attraverso il dialogo reciproco, nel quale ogni forza arriva alla fine a distinguere ciò che è essenziale da ciò che può essere posto in secondo piano.
L’attivazione di questo dialogo e la trasformazione delle pulsioni disordinate in una danza armoniosa: sono questi i compiti della nostra funzione auto-regolatoria.

Una funzione regolatoria (definita a volte come Sé, a volte come Anima, a volte come Centro) che ci guida nelle diverse situazioni, trovando di volta in volta l’assetto più funzionale per rispondere alle sfide del contesto.

Le qualità fondamentali per il leader di oggi

Ecco perché il leader deve essere dotato di qualità fondamentali quali: flessibilità, pazienza, ascolto di sé e degli altri, capacità di dialogo, umiltà, capacità di generare soluzioni.
Tutte qualità “soft” essenziali nel mondo complesso di oggi, in continua e imprevedibile evoluzione, un mondo che ci sfida innanzi tutto nel governo di noi stessi.
Qualità che consentono di costruire o ricostruire la propria integrità, grazie ad un esercizio di continua ricerca del proprio centro, in equilibrio fra le forze interne e quelle esterne.
Si tratta di un processo difficile, faticoso ma necessario, soprattutto quando esercitiamo un ruolo di leadership per nostra scelta o per cooptazione.
Altrimenti la leadership è a rischio: si incrina, e prima o poi evapora.
Quando questa risorsa è stata riconquistata, allora saremo in grado di gestire le insidie della leadership elencate all’inizio, tutte accomunate da un’illusione: quella di essere gli unici detentori della capacità di vedere con chiarezza la realtà, gli unici detentori della capacità di prendere le decisioni corrette e di dare un futuro alla comunità che consideriamo come “nostra” a prescindere dalle circostanze.
Un’illusione pericolosa, della quale il leader è tenuto a prendere coscienza al più presto.


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